I pericoli del rischio elettromagnetico in ambienti di lavoro

I pericoli del rischio elettromagnetico in ambienti di lavoro

Il rischio da campi elettromagnetici (CEM) è un rischio che fa riferimento alle "Radiazioni non Ionizzanti" (che comprendono anche le radiazioni ottiche e cioè i raggi ultravioletti, le radiazioni del visibile, i raggi infrarossi) e viene considerato dal DLgs.81/2008 tra gli "Agenti Fisici" al Titolo VIII e in particolare dal Capo IV.

Se ne sente parlare sempre più spesso, a volte anche in modo improprio; ma quali sono gli obblighi per il datore di lavoro al fine di garantire la tutela della salute dei propri lavoratori?


 

All’interno di quasi tutti i luoghi di lavoro è possibile che il personale venga esposto a campi elettromagnetici, generati ogni qual volta si utilizza l’energia elettrica.



È soltanto negli ultimi anni che la comunità scientifica ha iniziato a studiare i possibili effetti nocivi dei campi elettromagnetici, distinguendo gli effetti di natura acuta (cioè quelli che si manifestano a breve termine) e quelli cronici (cioè quelli che possono manifestarsi a lungo termine, a seguito di esposizioni a campi elettromagnetici per periodi prolungati).

 

Mentre per gli effetti a lungo termine la comunità scientifica non ha trovato indicazioni convincenti, per quelli invece a breve termine è stato accertato che gli effetti si verificano al superamento di determinate soglie di esposizione.

 

 

Se dunque vengono superati dei valori limite, i campi elettromagnetici possono causare anche seri rischi per la salute dei lavoratori, motivo per cui il D.Lgs. 81/2008 prevede una serie di norme a tutela di tutte quelle persone che lavorano in ambienti potenzialmente pericolosi.

 



La normativa stabilisce l’adozione di misure di protezione e prevenzione dei lavoratori dai danni fisici a breve termine che possono derivare dalla circolazione di correnti indotte, dall’esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), dall’assorbimento di energia e da correnti di contatto.

 

Gli effetti di natura acuta che sono stati riscontrati prevedono: anomalie della cornea, opacizzazione del cristallino, alterazioni delle funzioni neurali e neuromuscolari.

L'esposizione a basse frequenze (50 Hz) ha segnalato effetti sul sistema nervoso centrale e visivo, fibrillazione ventricolare ed extrasistole.

 

All'interno dei luoghi di lavoro vi possono essere differenti tipologie di sorgenti artificiali di campi elettromagnetici ed è per questo che ogni datore di lavoro si impegna a sottoscrivere il documento di valutazione dei rischi.

La stessa deve essere compiuta ogni 4 anni da personale competente che ha ricevuto apposita formazione tecnica in materia.



 

Nel caso in cui tale documento riveli che i valori limite non siano stati superati nel corso del tempo e dunque non siano stati riscontrati pericoli per la sicurezza dei lavoratori, il compito del datore di lavoro sarà quello di pianificare un programma di azione che predisporrà misure tecniche ed organizzative che impediscano esposizioni superiori ai valori limite.

 

Ad esempio, potrà individuare delle metodologie di lavoro alternative, adoperare delle attrezzature che emettano campi elettromagnetici inferiori, adottare efficaci dispositivi di protezione individuale, elaborare appositi programmi di manutenzione dei macchinari.

 

Ogni lavoratore che è esposto a rischi elettromagnetici elevati deve inoltre essere sottoposto a sorveglianza sanitaria annuale, mentre per tutti coloro che presentino una particolare sensibilità al rischio, il medico competente dovrà elaborare una cartella sanitaria e di rischio personale.

RIKO expert
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